Nazionale

Liberi Nantes, nasce il team femminile a Pietralata

Su Redattore Sociale la storia delle “Libere Nantes”, prima squadra in Italia formata da richiedenti asilo e rifugiate e affiliata all’Uisp Roma

 

In Francia prende il via il Mondiale di calcio femminile ed Eleonora Camilli, giornalista di Redattore Sociale, ha deciso di raccontare la storia di una squadra speciale, facendo parlare le protagoniste di un’esperienza unica di sport e inclusione. Infatti, quella delle Libere Nantes, affiliata Uisp Roma, è la prima in Italia formata da richiedenti asilo e rifugiate.

“Al campo sportivo XXV Aprile di Pietralata, periferia est della Capitale, è l’ora dell’allenamento – scrive Camilli - Oggi si gioca insieme, maschi e femmine. Due giri di campo, poi scatti in avanti, qualche passaggio prima della partita. ‘Giocare a calcio mi è sempre piaciuto, da quando ero bambina - racconta Aisha - ma a casa mia era difficile, dovevo occuparmi delle faccende domestiche, pulire, non pensare al divertimento. Oggi faccio finalmente quello che voglio fare. Ogni volta che entro in campo mi sento una donna libera, è difficile da spiegare, ma ha a che fare con la mia identità, con il mio corpo, con il mio passato’”.

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“L’équipe femminile nasce dall’esperienza dei Liberi Nantes – continua l’articolo - una squadra di calcio formata per la prima volta undici anni fa da richiedenti asilo e rifugiati. Alcune delle ragazze vivono in strutture protette perché sono state vittime di violenza o tratta, altre sono ospitate in centri di accoglienza, sparsi in diverse zone del Lazio. Arrivano da diversi paesi, dalla Nigeria al Ghana, passando per il Maghreb e l'est Europa. Il progetto, che ha ricevuto il Best inclusive award della Commissione europea, ha preso il via grazia al “S(up)port Refugees Integration” (EAC-2017-0492). Ha il supporto dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati e di una rete di organizzazioni, come Be free, Differenza donna e Lucha y siesta, che si occupano di violenza di genere”.

Ad allenare la squadra è Maria Iole Volpe. “E’ la mia prima esperienza con una squadra di rifugiate - racconta - Ho sempre lavorato nello sport al femminile con squadre professioniste, questa volta ho accettato sotto forma di volontariato. Era una sfida, è nato tutto senza impegno ma poi sono stata coinvolta pienamente e ho scoperto un mondo bellissimo, che mi ha portato a rispolverare questa grande passione. Anche perché le ragazze per giocare fanno grandi sacrifici, c’è chi affronta anche due ore di viaggio per fare una partita”. In tante sono alla prima esperienza col pallone: “Ci sono delle difficoltà a livello tecnico e anche comportamentale, per questo abbiamo lavorato molto sui valori che legano una squadra, sul rispetto, sulle regole ma anche su come superare i propri limiti, andare oltre l’ostacolo e fare sempre di più”, spiega.

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